Una bomba nucleare per fermare la crisi climatica? L’idea shock (e controversa) di un ricercatore

Una bomba nucleare per fermare la crisi climatica

Sembra fantascienza, ma è uno studio vero

Sì, hai letto bene. Un ricercatore americano ha proposto un’idea tanto estrema quanto inquietante: usare una bomba nucleare nell’oceano per combattere il cambiamento climatico.

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L’obiettivo non sarebbe distruggere qualcosa, ma paradossalmente… salvare il pianeta. Come? Frantumando il fondale oceanico per sequestrare più CO₂. Un piano che sta facendo discutere mezza internet — e con buone ragioni.

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Da dove nasce quest’idea?

L’autore dello studio è Andy Haverly, un ricercatore del Rochester Institute of Technology, che ha pubblicato il suo lavoro su arXiv, una piattaforma scientifica aperta. Il titolo? “Nuclear Explosions for Large Scale Carbon Sequestration” — tradotto: Esplosioni nucleari per il sequestro su larga scala del carbonio.

Secondo Haverly, far detonare una bomba nucleare nell’oceano sotto i fondali basaltici (come quelli in Antartide) potrebbe frantumare rocce in modo così efficiente da accelerare il processo di “Enhanced Rock Weathering”, ovvero la capacità delle rocce di assorbire CO₂ e ridurre il riscaldamento globale.

In pratica: un “reset geologico” forzato

Il meccanismo si basa su un’idea nota: il basalto, quando si sbriciola e interagisce con l’acqua di mare, cattura anidride carbonica. Questo processo avviene naturalmente, ma in tempi lunghissimi. Con un’esplosione nucleare, l’autore sostiene che si potrebbe:

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  • rompere milioni di tonnellate di roccia in un colpo solo,
  • aumentare di colpo la superficie esposta al mare,
  • e quindi assorbire molta più CO₂ in meno tempo.

In sostanza, secondo lo studio, una bomba nucleare nell’oceano per il clima sarebbe una scorciatoia geologica, ma ad altissimo rischio.

Ma… e i rischi?

Qui arriva la parte che ha fatto saltare tutti sulla sedia. Perché anche ammesso che l’idea funzioni sul piano geochimico, resta da affrontare una lista di problemi lunga così:

  • Contaminazione radioattiva dell’oceano,
  • Tsunami e onde di pressione imprevedibili,
  • Effetti climatici collaterali (piogge acide? blackout globale?),
  • Violazione dei trattati internazionali sul nucleare,
  • Reazioni geopolitiche potenzialmente devastanti.

In altre parole: non esiste scienziato serio che direbbe “ottima idea, facciamolo”. L’uso di una bomba nucleare nell’oceano per il clima resta una provocazione più che una strategia attuabile.

Ma allora perché pubblicarlo?

Qui la chiave non è tanto “fare davvero”… ma lanciare un messaggio forte. Haverly stesso lo riconosce: l’obiettivo è evidenziare quanto la crisi climatica sia diventata urgente, al punto da far sembrare queste ipotesi meno assurde del continuare a ignorare il problema.

Le vere alternative esistono (e sono meno esplosive)

Gli scienziati oggi stanno lavorando su metodi di geoingegneria molto più realistici:

  • Cattura diretta della CO₂ (con macchinari o foreste artificiali),
  • Aumento dell’albedo con nuvole marine,
  • Iniezione di aerosol nella stratosfera per riflettere parte della luce solare,
  • Riforestazione e agricoltura rigenerativa su larga scala.

Tutte soluzioni con margini di rischio molto più contenuti rispetto… allanciare una bomba nucleare nell’oceano per il clima.

Una bomba nucleare per fermare la crisi climatica

Morale? Non serve una bomba per svegliarci

L’idea della bomba nucleare oceano clima non è un piano concreto, ma una provocazione. Serve a farci capire quanto siamo in ritardo, quanto poco stiamo facendo e quanto assurde possano diventare le soluzioni se non iniziamo ad agire sul serio.

Perché il cambiamento climatico non aspetta. E se arriviamo al punto di valutare opzioni simili, forse il vero disastro è che abbiamo perso troppo tempo.

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